Vorrei ricordare, soprattutto ai giovani, che la presenza simultanea di conducente e bigliettaio rendeva impossibile salire a bordo senza pagare il biglietto, come invece accade troppo spesso oggi.

Durante la seconda guerra mondiale la gente sfollata da Milano si spostava in bici anche sotto le bombe per un po’ di lavoro e per recuperare un po’ di pane, percorrendo decine e decine di chilometri quotidianamente con mezzi forse meno tecnologici rispetto a quelli attuali e senza usare sostanze/integratori.

In questo scenario il salto della catena era all’ordine del giorno, così come il grasso nelle mani e gli improperi del caso.

Le condizioni di vita sono migliorate, l’uomo è andato sulla luna.

Orgoglioso dei miei ricordi e della Milano degli anni 50/60 sorrido delle dispute contemporanee sulle piste ciclabili e sull’utilizzo improprio dei marciapiedi cittadini, dove davvero i pedoni rischiano l’incolumità.

Quando io, o uno dei miei “mille” visitatori giornalieri, usciamo dalla galleria - sita in via Volta n. 10 piano terra - spesso rischiamo di essere investiti da questi pseudo-ciclisti arroganti e sicuramente senza assicurazione per danni a terzi.

Ringrazio Nicola Villa, artista che seguo da quasi un decennio, per aver accettato con entusiasmo questo mio suggerimento avendo l’intuizione di far dialogare le sue opere con il dipinto di Vaglieri del 1955 (sincero e profondo il suo scritto “Per Vaglieri”).

Oggi sono rimasti gli immigrati desiderosi di lavorare a utilizzare la bicicletta come gli italiani di allora. E per costoro sarà meglio parlare più di risparmio economico che energetico.